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“Vi racconto la mia Marcia della pace”: intervista a don Angelo Pittau

Dalla prima edizione sono passati 34 anni: era il dicembre 1987 quando venne organizzata la prima Marcia della pace in Sardegna, voluta dalla Diocesi di Ales-Terralba: a proporla fu don Angelo Pittau, allora direttore della Caritas diocesana e delegato regionale Caritas, impegnato anche nella Pastorale diocesana del Lavoro. Da allora, la Marcia si è svolta ininterrottamente fino a oggi.

Cosa ricorda della prima edizione della Marcia?

«Il nostro vescovo Gibertini aveva ricevuto dall’allora segretario regionale del partito comunista – sulla linea di quanto fatto a livello nazionale da Berlinguer – l’invito ad avviare il dialogo tra politica e Chiesa per dare risposta alle fragilità del territorio e mi chiese di rispondere all’appello. Erano anni difficili per gli operai: noi sacerdoti ci incontravamo a Villacidro, nelle fabbriche, miniere, collaboravamo con i sindacati in difesa del mondo del lavoro. All’epoca a livello nazionale si parlava molto di pace (era attivo il movimento Pax Christi ed era stata istituita la Giornata nazionale): così ebbi l’idea di organizzare una Marcia sul tema “pace e giustizia”. Come testimone invitammo mons. Riboldi, vescovo di Acerra, una delle zone d’Italia più colpite da povertà e disoccupazione. Eravamo 5000: mondo ecclesiale, politici, sindacati; partimmo dal santuario di nostra Signora delle Acque per arrivare alla Chiesa di Sardara: lì – lo ricordo ancora – un noto esponente comunista parlò dal leggio del presbiterio, ottenendo il plauso degli ecclesiastici. Questa è l’edizione che più porto nel cuore: per la prima volta ci mettemmo a lavorare insieme, superando le divisioni e trovando un punto di incontro»

Come si è sviluppata la Marcia nel corso degli anni?

«Siamo riusciti a coniugare il livello locale della pace con quello nazionale e internazionale. Tanti i temi trattati negli anni: dal problema delle dipendenze (a cui è stata dedicata la seconda Marcia con Padre Morittu come testimone), fino alla pace in Libano (tema della terza Marcia). Ancora, la quarta edizione (1990) fu dedicata alla “pace e solidarietà per la giustizia”, con la partecipazione di Padre Giuseppe Pittau, consigliere generale della Compagnia di Gesù, che parlò della Guerra del Golfo, colpevole di aver compromesso l’equilibrio del Medio Oriente, con il rischio che scomparissero le comunità cristiane dell’Iraq»

XXXI Marcia della pace a Ozieri (dicembre 2017)

Quali i punti di forza della Marcia?

«Importante la capacità di coinvolgere mondo del lavoro, rappresentanti delle istituzioni, sindacati, università e quella di scegliere temi profetici che i Papi hanno fatto propri nell’intitolare le varie edizioni della Giornata nazionale. Abbiamo avuto testimoni importanti: mons. Bettazzi (iniziatore della Marcia nazionale e vescovo emerito di Ivrea) ha partecipato alla nostra Marcia per ben tre volte. Tante le edizioni significative, tra cui quella del 2012 a Cagliari, in cui abbiamo invitato la delegazione giapponese che stava accompagnando la statua della Madonna di Nagasaki in pellegrinaggio in vari paesi: essa fu accolta dall’allora arcivescovo mons. Arrigo Miglio, testimone della Marcia»

Poi l’iniziativa è diventata regionale …

«Dal 2014, su mia sollecitazione, la Marcia è stata presa in mano dall’intera Chiesa sarda, attraverso la Caritas regionale: quell’edizione si è svolta a Oristano, con mons. Pizzaballa (custode della Terra santa) testimone. Proprio grazie al coinvolgimento della Caritas Sardegna si è cercato di ritrovare un’unità tra le varie realtà cattoliche, superando interessi settoriali e provincialismi; ciò è stato favorito anche dalla scelta di riprendere in questi ultimi anni i messaggi di Papa Francesco per la Giornata, che sistematicamente ci invita a guardare a una dimensione universale – dal rispetto del creato alla ricerca del bene comune – ricordandoci che parlare di pace significa far emergere un’alta dimensione di cultura, di una nuova fratellanza»

Cosa significa oggi parlare di pace in Sardegna?

«In una regione dove si concentra il 60% delle servitù militari italiane, in cui si dibatte sull’ipotesi di creare un deposito di scorie nucleari, in cui attraccano le navi che trasportano le bombe dirette nello Yemen, in cui la tossicodipendenza dilaga, quella “cultura della cura come percorso di pace” invocata da Papa Francesco è sempre più necessaria, intesa come il “prendersi cura” di ogni uomo malato e bisognoso: ciò è valido ancor più oggi, quando la pandemia fa correre il rischio di trascurare le altre patologie e gli anziani, e quando abbiamo bisogno di una “sanità sana”. E poi c’è il tema dell’educazione importantissimo in una terra dove il tasso di dispersione scolastica è elevatissimo, aggravato dalla didattica a distanza e da scelte politiche che non sembrano voler investire sul futuro dei nostri ragazzi. Mi piacerebbe che la prossima edizione della Marcia fosse dedicata proprio a questo tema.  Sono certo che possa trovarlo valido anche don Marco Statzu, attuale direttore della Caritas di Ales- Terralba che, sin dall’inizio del suo mandato, anche sulla scia del convegno nazionale “Carità è cultura” del 2019, si è impegnato molto su questo fronte. Confido sul suo prezioso sostegno per continuare a parlare del diritto di tutti di formarsi, di andare a scuola, perché l’educazione, la cultura è un bene dell’umanità».

A cura di Maria Chiara Cugusi e Stefania Pusceddu