In vista del 50° anniversario della sua nascita (2021), Caritas Italiana ha avviato un cammino di riflessione finalizzato alla verifica dei passi fatti finora e alla definizione di linee condivise per la sua azione futura. Tra le tappe, anche i momenti di confronto con le diverse delegazioni regionali, tra cui quella sarda incontrata dal direttore don Francesco Soddu ieri a Tramatza.
Don Soddu, in cosa consiste il percorso verso il 50° di Caritas Italiana?
«Si tratta appunto di un percorso e, come tale, richiede diverse fasi, una progettazione e un obiettivo chiaro. Esso non si limita alla celebrazione dell’anniversario, ma esprime l’esigenza di percorrere la via indicataci dalla stessa Chiesa, attraverso l’opera dei fondatori della Caritas, mons. Nervo e mons. Pasini, e anche dei miei predecessori che hanno raccolto l’eredità affidata da Paolo VI, ossia quella di far vivere il Concilio ecumenico Vaticano II attraverso l’esperienza della testimonianza della carità, da cui scaturisce la visione di una Chiesa presente in tutte le sue membra. Questo percorso ha l’obiettivo di verificare i passi fatti finora, raccoglierne i frutti, tracciare linee condivise per la Caritas del futuro. Ciò avviene nell’ambito dell’anno missionario, e infatti il tema del prossimo convegno nazionale delle Caritas diocesane (a Milano, dal 23 al 26 marzo) sarà “Carità è missione”, all’interno del quale contestualizzeremo questo cammino che stiamo portando avanti in modo sinodale»
Quale sarà la novità centrale del prossimo convegno nazionale?
«Esso costituirà uno step importante di questo percorso più ampio. L’imbastitura non può che passare attraverso la presidenza di Caritas Italiana, la verifica da parte del Consiglio nazionale, il coinvolgimento dei relatori, tra cui il presidente della Fondazione Missio, mons. Francesco Beschi, a cui sarà affidata la relazione centrale. Inoltre, nell’ambito dei gruppi di lavoro verranno colte le consegne dateci dalla Carta pastorale (“Lo riconobbero nello spezzare il pane”, 1995, ndr), che sarà aggiornata alla luce delle nuove sfide, per esempio quella della comunicazione, in modo da produrre altro materiale, frutto di un percorso di discernimento. Sarà importante che ogni diocesi viva questo periodo con un atteggiamento di “attesa”, dando il proprio contributo a questa riflessione e accogliendo il prossimo convegno nazionale come ulteriore momento “laboratoriale”, per poi cercare di riproporre quanto emerso nel proprio territorio»
Quali sono oggi le criticità maggiori e come affrontarle?
«La criticità maggiore è quella del “posizionamento”: abbiamo bisogno di confrontarci e di valorizzare l’apporto di tutti per capire fino in fondo la nostra anima, il mandato che ci è stato affidato e i segmenti su cui dobbiamo lavorare. Ciò significa avere la piena consapevolezza che ognuno deve svolgere il proprio compito, senza attribuire all’altro l’eventuale responsabilità di non aver portato avanti il proprio lavoro»
Come promuovere, oggi, una cultura della carità e reagire a certe strumentalizzazioni?
«Occorre innanzitutto essere informati per potersi relazionare con gli altri: ne scaturisce un cammino formativo che non significa semplicemente rispondere a certe sollecitazioni, ma “essere sul pezzo”, capire come si possa collaborare per la ricerca e la costruzione del bene comune. Ciò non significa alzare la voce, reprimersi a vicenda, ma costruire insieme, perché solo così si assume la consapevolezza di far parte dello stesso “corpo”, assolvendo, per primi, ai propri doveri. Nella misura in cui la Caritas saprà “posizionarsi” come Chiesa nel territorio essa potrà continuare, nonostante le difficoltà, a costituire l’immagine bella della Chiesa stessa nella sua interezza».
A cura di Maria Chiara Cugusi