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Il racconto della disabilità, tra narrazione inclusiva e buone prassi

Si è svolto lo scorso 20 marzo ad Ozieri, il terzo seminario del ciclo “Raccontare il territorio” dal titolo “La forza della fragilità” organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna, dall’Agenzia Redattore Sociale e dalla Delegazione regionale Caritas Sardegna, in collaborazione con l’UCSI Sardegna. Nel salone don Salis, gremito di persone, si è dato voce alle tante iniziative che nel territorio valorizzano e mettono in luce chi opera nel mondo della disabilità, e si è riflettuto sul linguaggio più corretto da utilizzare per raccontare questo tema.  Tra i saluti iniziali, anche quelli del presidente dell’ODG Sardegna Francesco Birocchi che ha coordinato l’iniziativa, del presidente dell’UCSI Sardegna Andrea Pala, dell’assessore Margherita Molinu, consigliere comunale con delega alla sanità e politiche sociali, in rappresentanza dell’amministrazione comunale di Ozieri, che ha ricordato l’impegno del Comune di Ozieri sul tema della disabilità, grazie al servizio PLUS che garantisce interventi di tipo assistenziale e di supporto tra famiglia e lo stesso Comune. Sempre in accordo con i servizi sociali si opera per l’aiuto a circa 250 persone, la maggior parte in un’età compresa tra i 50-70 anni, gestiti da una rete di professionisti del settore ma anche da associazioni di volontariato e dalla Caritas diocesana.

Stefano Caredda direttore di Redattore Sociale ha ricordato che i dati statistici in questo settore non sono dettagliati né completi in quanto il punto di osservazione e descrizione della  disabilità negli ultimi 25 anni è cambiato radicalmente, dal punto di vista scientifico, politico e sociale. La disabilità consiste proprio nella conseguenza o nel risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e quelli ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive. In pratica la nuova classificazione della disabilità (cosiddetta ICF – 2001), non è più concepita solamente come una riduzione delle capacità funzionali determinata da una malattia o menomazione, ma come la risultante di una interazione tra condizioni di salute e, appunto, fattori contestuali (personali e ambientali).

La Sardegna è al primo posto nella “geografia della disabilità” seguita dall’Umbria mentre le percentuali più basse si registrano in Lombardia e Trentino Alto Adige. In Italia il 5,2% delle persone ha gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali. L’ISTAT sta lavorando ad un nuovo registro sulle disabilità che possa fornire una risposta a due esigenze informative: la stima della prevalenza della disabilità e la caratterizzazione dell’inclusione sociale delle persone con disabilità. Per decenni e in parte ancora oggi queste ultime hanno vissuto lo stigma sociale a tal punto che le stesse famiglie percepivano la presenza di un familiare disabile come una vergogna a livello sociale. Da qui la ghettizzazione, la segregazione in casa o in istituto che ha caratterizzato a lungo la vita delle persone con disabilità. Ora ci si pone l’obiettivo di dare l’opportunità, accesso e sostegno, ausilio e accesso alle opportunità.  Gli stessi simboli grafici che vengono utilizzati per indicare aree, percorsi e accessi a persone con disabilità sono da tempo oggetto di studio sia grafico e culturale per sradicare percorsi e mentalità che tendono a ghettizzare ed emarginare. Un contributo importante ad un cambiamento di mentalità e di approccio nei confronti della disabilità arriva in modo incisivo dai personaggi dello sport, della musica, dell’arte  e delle scienze perché danno visibilità non alla descrizione delle caratteristiche che compongono la disabilità ma alle capacità e alle attitudini della persona. 

Proprio sui termini errati che spesso vengono utilizzati hanno fatto il loro intervento Caterina De Roberto, vice coordinatrice di  “Giulia Giornaliste Sardegna” e Francesca Arcadu “vice presidente Uildm Sassari che nel 2019, ad Olbia, hanno dato vita a un documento deontologico a cui fare riferimento nel settore giornalistico che prevede, un linguaggio corretto e rispettoso delle persone con disabilità. Nel web i commenti di odio verso i disabili sono al secondo posto dopo quelli contro le donne evidenziando come la disabilità delle donne è ancora più discriminante. Attraverso l’uso corretto dei termini  si può arrivare ad un cambio di mentalità che apra orizzonti descrittivi corretti e socialmente inclusivi. Inclusione ribadita anche negli interventi successivi come quello di Luigi Porrà segretario nazionale CoordDown ODV che promuove e favorisce l’inserimento lavorativo di ragazzi con sindrome di down. Il lavoro è un diritto e un bisogno umano al di là delle caratteristiche dell’uomo che lo ricerca. Lavorando si permette di conoscere il valore delle persone e sempre più aziende stanno abbattendo le barriere per poter così dare un’occupazione lavorativa che possa incanalare le capacità dei ragazzi. Capacità sviluppate e messe in risalto anche dal progetto  “Abitare con il verde” e “la cura dell’orto che cura” sviluppato in un’azienda di Quartucciu. Paola Cannas, su questo argomento ha ribadito come l’attenzione alle attitudini e alle capacità abbia permesso a un gruppo di ragazzi disabili di lavorare nel verde e, attraverso l’ortoterapia, di imparare un mestiere e creare un gruppo lavorativo.

Inclusione nel territorio e nel proprio paese di origine portata avanti anche dalla Cooperativa “Giovanni Maria Angioy di Bono” che come ha descritto Rossella Erittu, ha colto la necessità di creare un percorso di inserimento lavorativo, non retribuito, per i ragazzi disabili del paese permettendo loro di avere un’occupazione alla fine del percorso scolastico. I diretti interessati hanno sottolineato come stiano facendo esperienze di responsabilità e lavoro nei supermercati, interagendo non solo con le persone ma anche con il mondo lavorativo.

Inclusione lavorativa pienamente raggiunta dal progetto gestito dalla cooperativa SPES di Ozieri che ha dato vita da più di un anno ad una pizzeria, “Piz-stop”, che risponde al bisogno occupazionale del territorio e coinvolge personale con abilità diverse, affiancato da professionisti del settore. Come ha spiegato Francesca Sanciu questa iniziativa ha fornito l’opportunitàdi fare la prima esperienza lavorativa con regolare contratto di lavoro dipendente e conseguente apprendimento “on the job” dei concetti base legati al mondo del lavoro, dei diritti e dei doveri dei lavoratori. Risultato raggiunto pienamente come è emerso dalle testimonianze di Francesco e Sara che hanno espresso la loro soddisfazione non solo nello svolgere un’attività lavorativa acquisendo competenze e  professionalità ma anche un valore economico che ha permesso loro una certa indipendenza: un modello di inclusione socio-lavorativa che si auspica possa essere replicato da altre aziende del territorio.

Rita Spanu, pedagogista clinico, Giuseppina Chirigoni e Silvia Allena che operano all’interno dell’associazione Possibilmente ODV, hanno parlato dell’importanza della valorizzazione della persona con disabilità che trova la forza nella propria fragilità e può permettere un rapporto di inclusione che dia sostegno alle famiglie per portare ad un’autonomia che migliori la qualità della vita.