Duemila i partecipanti, ieri a Cagliari, alla 52ma Marcia nazionale della pace, in cui è confluita, quest’anno anche la 33ma Marcia regionale della pace. Una cinquantina le sigle aderenti: oltre ai promotori (Pax Christi, Commissione episcopale per i Problemi sociali e il lavoro della CEI, Caritas Italiana, Azione cattolica, Diocesi di Cagliari, Comitato promotore 33ma Marcia regionale, CSV Sardegna Solidale) anche diversi uffici pastorali delle diocesi sarde, tra cui le Caritas, associazioni, movimenti pacifisti, altre realtà locali e del terzo settore, comunità di immigrati, rom, famiglie, giovani arrivati da tutte le parti della Sardegna.
Una comunità unita per chiedere pace, lavoro, giustizia, rispetto dell’ambiente, legalità, desiderosa di ottenere soluzioni concrete al problema della militarizzazione nell’Isola. Sullo sfondo, una terra afflitta dalla disoccupazione, dall’emigrazione giovanile, dal basso tasso di natalità, che fatica a rinnovarsi, come ricordato dal sindaco Paolo Truzzu, che ha aggiunto come la stessa politica debba interrogarsi, per intraprendere un percorso capace di rimettere al centro l’uomo.
Filo conduttore, l’impegno educativo verso la pace, che richiede iniziative concrete, come ricordato da mons. Giovanni Ricchiuti, presidente nazionale di Pax Christi, per intraprendere quel cammino di speranza auspicato da Papa Francesco. Un cammino di conoscenza, in cui, ha sottolineato mons. Filippo Santoro, presidente della Commissione CEI per il problemi sociali e il lavoro «si deve sostituire all’eliminazione dell’altro, la cultura dell’affermazione dell’altro».
Durante il tragitto, da piazza San Michele alla Basilica di Bonaria (dove è stata celebrata la Santa Messa e dove è intervenuto anche l’arcivescovo mons. Miglio), diverse testimonianze relative all’esperienza della malattia, dell’immigrazione, del carcere, alla famiglia, al mondo giovanile, all’educazione ambientale, al Comitato di riconversione RWM, all’opera – segno “Elen Joy” contro la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale e lavorativo, portata avanti dalle Figlie della carità, a cui saranno destinate le offerte raccolte.
In piazzale Trento, è intervenuto mons. Luigi Bettazzi, vescovo emerito di Ivrea, iniziatore, 52 anni fa, della Marcia, voluta proprio dai giovani come da lui stesso ricordato. E proprio ai giovani sardi, egli ha rivolto un pensiero: la loro presenza mostra che «hanno la speranza che, se ci impegniamo tutti, insieme si potrà continuare a sviluppare il cammino della pace». Ancora, il saluto di don Angelo Pittau, promotore della Marcia regionale della pace, che ha ricordato come già alcuni anni fa c’è stato un impegno contro il tema degli armamenti, con l’accoglienza da parte della Diocesi cagliaritana della reliquia della Madonna di Nagasaki, portata da una delegazione di giapponesi. E ha aggiunto, «oggi siamo chiamati alla profezia: essa è denuncia, ma anche speranza, è presente e futuro. Noi crediamo alla speranza, perciò siamo qui, guardiamo al futuro e ci uniamo al corteo degli operatori di pace».
Ancora, tra gli interventi quelli di Francesco Manca, delegato regionale per la Pastorale sociale e del Lavoro, di Elizabeth Green (pastora della Chiesa Battista di Cagliari, Carbonia e Sulcis – Iglesiente) di Giampiero Farru, presidente del CSV Sardegna Solidale, espressione del mondo della solidarietà in Sardegna che oggi raccoglie circa 200mila persone, e di don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera. «La pace ha bisogno di noi come riconoscimento di ciascuno a esistere» ha detto don Ciotti, auspicando un impegno concreto verso la pace non solo a parole ma con i fatti. Nel suo discorso non ha dimenticato di rivolgere un pensiero particolare alla Sardegna «da sempre terra di accoglienza, da cui si deve alzare il grido che accoglie e riconosce la vita». Da qui, l’importanza di porre le fondamenta per una nuova coscienza, un nuovo modo di abitare la realtà, alla luce della speranza, della verità e della giustizia, i tre grandi orizzonti del Vangelo.
A cura di Maria Chiara Cugusi