L’urgenza delle nuovissime povertà nate da Covid-19 non ferma la macchina dei servizi storici offerti dalla Caritas diocesana di Ozieri, così come i progetti attivati nel tempo e che pur nel rispetto delle attuali limitazioni non perdono il loro dinamismo.
È il caso di “Vite Generative”, approvato da Caritas Italiana e sviluppato grazie ai fondi dell’8Xmille, per sostenere l’ingresso o il reinserimento sul mercato del lavoro di persone svantaggiate mediante percorsi operativi di autonomia personale, facendo leva su quello che una volta era il settore trainante dell’economia ozierese: quello primario, favorito anche dalla fertilità delle terre e dalla bontà del clima che secondo alcuni storici valsero a questa zona del centro Sardegna il nome di Logudoro.
È il titolo stesso a raccontare la natura, il mezzo e lo scopo del progetto, come anche descritto dalla notissima parabola di Giovanni: la “Vite generativa” è quella re-impiantata in un vigneto divenuto nel tempo improduttivo, grazie all’impiego di cosiddetti soggetti “ai margini” della società, che attraverso il lavoro possono riappropriarsi di una nuova esistenza, più autonoma e dignitosa, e al contempo dare una nuova produttività ad una terra altrimenti sterile.
L’iniziativa è partita dal bisogno concreto di un territorio che soffre di storici problemi legati allo sviluppo, con un elevato tasso di disoccupazione e un reddito medio al di sotto della soglia provinciale, regionale e nazionale: «Tuttavia – affermano gli operatori del Centro di ascolto – qui si assiste da anni ad una graduale trasformazione del concetto di bisogno e delle richieste che pervengono dalla popolazione, legate non più soltanto a situazioni di povertà assoluta, ma derivate da disgregazioni familiari o dipendenze da alcool, droghe, gioco, insieme a tutte quelle situazioni di disagio causate principalmente dalla fragilità del mercato occupazionale».
L’azione degli operatori, incoraggiata dalla presenza costante del Vescovo mons. Corrado Melis, ha dunque concepito un’idea che promuovesse, attraverso l’impianto di un vigneto, percorsi individualizzati di alternanza formazione-lavoro, in relazione alle competenze professionali di base e trasversali maturate in esperienze formative pregresse: ciò ha consentito a sette operai – tra disoccupati, inoccupati, ex tossici, ex alcolisti e padri di famiglia – di inserirsi con pieno coinvolgimento nella realtà lavorativa, in un’ottica di valorizzazione delle capacità e delle autonomie possedute per i competenti, e di acquisizione di professionalità per i principianti.
«Attraverso l’orientamento, la formazione on the job e l’accompagnamento – afferma Tonino Becciu, rappresentante legale della SPES, la cooperativa sociale a cui è affidata l’operatività del progetto – i destinatari rafforzano le proprie capacità di promozione individuale, creando le condizioni per un reale inserimento da protagonisti nel mondo del lavoro locale e sviluppando prospettive di crescita e di lavoro stabile: che è peraltro il fine primario di tutte le nostre azioni mirate a contrastare l’assistenzialismo e il lavoro nero, dando speranza a tante persone in situazione di disagio».
Proprio alla SPES, braccio operativo della Caritas diocesana, è stato donato diversi anni fa il vigneto da reimpiantare: dalla sede di via Brigata Sassari si è proceduto poi all’individuazione dei destinatari (su indicazione del CdA) e a tutte le operazioni di coordinamento e monitoraggio del programma, impiegando tra gli altri il supporto di una psicologa, Silvia Camoglio – per il bilancio delle competenze acquisite e del loro svolgimento, nonché per la valutazione di soddisfazione degli impiegati – e naturalmente la supervisione di un agronomo, Franco Demontis (laureato in scienze agrarie con esperienza in impianti vitivinicoli), in stretta collaborazione con Fabrizio Ragnedda, enologo, responsabile di una ditta leader nella produzione vinicola con fama internazionale.
«Quest’anno dovremmo entrare sul mercato con il nostro vino – commenta Demontis – un modo per permettere al nostro progetto di crescere, commercializzando un prodotto che racconti a tutti la storia del nostro territorio e del riscatto di chi lo abita».
Un’azione fondamentale di “Vite Generative” è infatti la sua comunicazione all’esterno e la condivisione delle attività con l’intera comunità, che permette ai destinatari di sentirsi parte integrante di una nuova vita e non solamente beneficiari di interventi caritatevoli, favorendone la reale integrazione nel contesto socio economico locale. In quest’ambito, si profila con un’incisività sempre maggiore il contributo dello sportello diocesano del Progetto Policoro, «un’esperienza – afferma Francesca Sanciu, operatrice Caritas e animatrice del Progetto – che si prefigge proprio la costruzione di una rete con gli attori del territorio e che attraverso l’ascolto, l’orientamento e l’accompagnamento dei giovani (specie quelli ai margini) testimonia nei fatti quella Chiesa in uscita verso le periferie esistenziali».
Una Chiesa, quella ozierese, che riscopre il suo impegno anche alla luce delle sollecitazioni attivate dalla “Laudato Si’” sulla promozione di quella ecologia integrale in cui la cura della Casa Comune, l’equità verso i poveri e l’advocacy per la giustizia sociale risultano inseparabili e perseguibili anche attraverso un progetto, che renda complementari il ruolo della natura che genera, dell’uomo che lavora, della società che li sostiene e li accoglie.
Viviana Tilocca