Una risposta «molto positiva ed incoraggiante» secondo il Direttore don Mario Curzu, ha inaugurato lo scorso 31 gennaio il primo dei sei incontri – già programmati per l’ultimo venerdì di ogni mese fino a giugno – sull’Enciclica “Laudato Si’”, affollando la più grande sala della sede Diocesana della Caritas con referenti, operatori parrocchiali, catechisti e privati cittadini dalle diverse comunità del territorio che hanno confermato il grande interesse attorno ai temi ambientali non soltanto con la cospicua presenza, ma anche animando un interessante confronto a margine sebbene la nostra verde Isola potrebbe fornire ai più riluttanti valide giustificazioni al negazionismo della cosiddetta “psicosi ambientalista” ormai di dominio internazionale.
Tuttavia, che si tratta di una «Enciclica sociale e non ecologica» l’ha ben chiarito don Guido Marrosu, Vicario Generale della Diocesi che ha curato il commento al primo Capitolo, “Quello che sta accadendo alla nostra Casa”, definendone i contenuti scomodi per chi vive dalla parte fortunata della Terra e non sente l’urgenza di modificare il proprio stile di vita «mentre sono i poveri a pagare il prezzo più alto dei disastri ambientali».
Il capitolo in oggetto raccoglie i migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile in materia, con l’intento di «trasformare in sofferenza personale quello che accade al mondo, e così riconoscere qual è il contributo che ciascuno può portare»: a partire dal problema dell’acqua, il primo ad essere affrontato, il cui accesso «è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale perché determina la sopravvivenza delle persone». Centrale, inoltre, la tutela della biodiversità, che diventa sempre meno ricca con la scomparsa di migliaia di specie vegetali e animali «che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre» e il peso del debito ecologico tra il Nord e il Sud del mondo connesso agli squilibri commerciali, di cui i Paesi sviluppati hanno maggiori responsabilità anche in merito a quella che Francesco definisce una “reazione debole” contro le tragedie di tante persone e popolazioni, spesso considerate “un mero danno collaterale”.
È per questo, ha sintetizzato don Guido, che un vero approccio ecologico deve essere anche sociale, al fine di contrastare la cultura dello scarto o quella Malthusiana sulla riduzione della natalità in favore di un consumismo più consapevole e sostenibile da una parte della popolazione mondiale – la nostra – per cui è urgente «creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi» affinché evitare il disastro sia ancora possibile, superando quella «ecologia superficiale o apparente che consolida un certo intorpidimento e una spensierata irresponsabilità» che tutti noi, fin da oggi, abbiamo il dovere morale e cristiano di abbandonare in favore di un impegno più concreto ed incisivo.
Viviana Tilocca